New York, fine anni Quaranta. Il secolo si è ormai arreso a curvare verso la sua seconda metà, ma non così la sua gioventù, che non piega il capo e non si inchina se non alla strada per il selvaggio West, per la giungla del Sud, per qualunque altro bruciante punto cardinale.
Scritto in tre livide settimane di caffè notturni e pagine dattiloscritte, con un solo rotolo di carta come creta a imprimervi per sempre la vita di quegli anni, Sulla strada racconta un viaggio coast to coast e di una storia senza contorni netti, un sogno febbrile e quasi sconclusionato con l’asfalto e la notte come uniche costanti.
Compendio di una generazione, manifesto della vita “beat”, ma anche titolo quasi profetico. Da sempre, infatti, l’opera di Kerouac ha diviso critica e lettori, schierati ai due lati di un’ipotetica “strada”, al bivio tra chi lo ha amato e chi, pur non discutendone l’importanza storica, ne è uscito deluso.
Il successo lo travolse letteralmente e Kerouac ebbe difficoltà a gestire la propria fama, non amava le interviste radiofoniche e televisive, gli articoli di giornale che lo riguardavano, l’amministrazione dei suoi guadagni. L’attenzione che riceveva lo spaventava molto e preferì condurre una vita solitaria, che lo portò ad abusare ancora di più di alcol e droga; fece un altro viaggio a San Francisco e infine ritornò a vivere con sua madre
05/06/2021
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