Oggetti, storie e identità nella Palestra Grande. Un viaggio tra vita e morte nel quotidiano femminile dell’antica città vesuviana.
Pompei non smette di raccontarsi. E questa volta lo fa attraverso gli occhi, le mani, i gesti e le storie delle donne che la abitarono prima che il Vesuvio cancellasse tutto nel 79 d.C. Nella suggestiva cornice della Palestra Grande si è inaugurata la mostra Essere Donna nell’Antica Pompei, visitabile fino al 31 dicembre 2026, un evento che segna una nuova tappa nel racconto dell’umanità sepolta dall’eruzione e tornata alla luce con gli scavi.
L’apertura dell’allestimento è visivamente potente: un pannello luminoso espone oltre 600 nomi femminili rinvenuti nel corso delle indagini archeologiche, restituendo identità e presenza a chi per secoli è stata dimenticata o ridotta a ombra. La mostra, curata da Francesca Ghedini e Monica Salvadori ed edita nel catalogo Artem, si colloca nel solco dell’"Altra Pompei", l'iniziativa che aveva acceso i riflettori sugli invisibili dell'antichità.
Qui, però, la narrazione si concentra sulle donne romane, non come singole figure isolate, ma come corpo sociale. “Le donne romane avevano voce – ha spiegato Daniela Mapelli, rettrice dell’Università di Padova – ma una voce flebile. Abbiamo voluto farla emergere, raccontandole come schiave, imprenditrici, sacerdotesse, farmaciste, fattucchiere o prostitute”.
Attraverso una ricchissima selezione di reperti – utensili da cucina, oggetti per la cosmesi, gioielli, uno speculum ginecologico, una culla, coppe di vetro, corredi funerari – prende forma un universo domestico e sociale, fatto di gesti quotidiani, lavoro, maternità e rituali. Un mondo “vivo” al momento della tragedia, e ora riportato in vita.
Otto figure femminili emergono come guide simboliche lungo il percorso espositivo: tra loro Flavia Agatea, Eumachia – presente sia nelle tombe di Porta Nocera che nell’edificio omonimo del Foro – Mamia, Nevoleia Tyche, Asellina con il suo termopolio, Giulia Felice e la sua domus elegante, Eutychis e Amaryllis, testimoni di storie più oscure e marginali. Donne che rappresentano tutta la gamma di condizioni della società romana: libere e schiave, ricche e povere, giovani e mature, madri e lavoratrici.
Il percorso abbraccia anche l’infanzia, affrontando con coraggio la questione delle neonate esposte o soppresse, se non primogenite. Ma è proprio in questo contesto che emergono con forza figure femminili che studiano, curano, creano, amministrano, resistono.
Per il direttore del Parco archeologico, Gabriel Zuchtriegel, questa mostra rappresenta un'occasione non solo culturale ma gestionale: in un momento di boom turistico che impone la soglia di 20mila visitatori al giorno, è fondamentale ampliare gli spazi di fruizione. Le navette speciali che collegano i siti minori fanno parte di questa strategia di valorizzazione diffusa.
Essere Donna nell’Antica Pompei è, dunque, molto più di un'esposizione. È un atto di ascolto. Un invito a riscoprire storie sommerse, restituendo pienamente cittadinanza alla voce delle donne in uno dei luoghi più straordinari della nostra memoria collettiva.
16/04/2025
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