Questo sito utilizza cookie tecnici e di profilazione, anche di terze parti. Cliccando su “Accetta”, proseguendo la navigazione, accedendo ad un’area del sito o selezionando un qualunque suo elemento, acconsenti all’uso dei cookie.

Accetta

Navigazione contenuti

Contenuti del sito

UNA SERENATA DIURNA DI DI GIACOMO

Immagine dell'articolo

Quando nel 1885 il venticinquenne Salvatore Di Giacomo, uno dei più grandi (se non il più grande) poeta di lingua napoletana compose “Era de maggio”, probabilmente non immaginava che un giorno sarebbe diventata non solo una delle canzoni più belle del repertorio classico napoletano, ma anche un grande successo di fama internazionale.

Di Giacomo, che all’epoca vantava già diverse collaborazioni con vari quotidiani come scrittore di novelle e autore di sonetti, inviò la poesia al grande musicista Pasquale Mario Costa, aggiungendo in calce al manoscritto la frase: “Mario, ma quant’è bella!”. Dopo due giorni a casa Di Giacomo, al civico 23 di via Marinella fu consegnato un rotolo di musica che portava la firma di Costa e la postilla: “Salvato’, e chesta manch’è scema!” (ovvero: neanche questa è da buttar via). 

La canzone fu presentata lo stesso anno al Festival di Piedigrotta, la più grande manifestazione canora mai avuta a Napoli che qualche anno prima, esattamente l’8 settembre 1835 con il trionfo di “Te voglio bene assaje”.

La canzone classica napoletana, inoltre, favorì lo sviluppo dell’editoria popolare e dell’industria musicale: ancora lontani dai tempi della fonoincisione, il testo della canzone veniva stampato su dei fogli volanti chiamati “copielle” e vendute a un grano l’uno dagli ambulanti mentre la diffusione vera e propria spettava ai “posteggiatori”, musicanti girovaghi che suonavano nei ristoranti di Napoli o nei locali più alla moda.

“Era de maggio” è espressione di ciò che in gergo musicale viene definita una “mattinata”, un canto sotto la finestra dell’amata all’alba, me è anche un invito alla gioia per l’inizio di un mese in cui l’amore sboccia di nuovo come le rose.

La canzone, idealmente, si può dividere in due parti. Nella prima ci troviamo in un giardino colmo di ciliegie dove due giovani innamorati, sofferenti, si preparano al loro addio perché il ragazzo, probabilmente in partenza per il servizio militare, deve allontanarsi dalla sua amata.

La ragazza, con gli occhi colmi di lacrime, non vuol lasciarlo andar via e gli sussurra dolcemente su una spalla “quanno turnarraje?”. È il mese di maggio ed i due si promettono di rincontrarsi nello stesso posto esattamente un anno dopo, sempre di maggio, per riconfermare il loro amore.

09/05/2021

Inserisci un commento

Nessun commento presente

Ultimissime

22 NOV 2024

VIOLENZA DI GENERE, MIC ADERISCE A CAMPAGNA UN WOMEN

Musei illuminati il 25/11

22 NOV 2024

"EMOZIONI" di Paul McGregor: un viaggio poetico nell'anima umana

"EMOZIONI" di Paul McGregor: un viaggio poetico nell'anima umana

21 NOV 2024

ROMA ARTE IN NUVOLA

La Capitale celebra il moderno e il contemporaneo

18 NOV 2024

TUTTI PAZZI PER I BEATLES

arriva su Disney+ il documentario inedito sulla tournée del 1964

18 NOV 2024

SCOPERTI AFFRESCHI INEDITI DEL SEICENTO A VILLA FARNESINA

Un tesoro celato tra le volte

17 NOV 2024

IL CROSSCURRENTS TRIO AL ROMA JAZZ FESTIVAL

Tre giganti del jazz per una serata imperdibile