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LA MOSTRA 'ON THE WALL', A CURA DI DEMETRIO PAPARONI

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BUILDING presenta, da giovedì 20 gennaio a sabato 19 marzo 2022, On the Wall, mostra a cura di Demetrio Paparoni con opere di Paola Angelini, Rafael Megall, Justin Mortimer, Nicola Samorì, Vibeke Slyngstad e Ruprecht von Kaufmann.

Il progetto espositivo, che include più di quaranta opere di artisti contemporanei che utilizzano la pittura figurativa in modo profondamente diverso tra loro, è stato appositamente studiato per i quattro piani di BUILDING. I dipinti, realizzati per questa mostra o mai esposti prima in Italia, sono in buona parte di grande formato.

Il titolo della mostra apre a diversi significati. Se da una parte lascia prevedere che si tratti di una mostra di dipinti, dall’altra richiama il concetto di muro come elemento di divisione tra due spazi adiacenti o come limite da superare. Rifacendosi al concetto rinascimentale che vede nel quadro una finestra aperta sul mondo esterno, il curatore identifica in esso un detonatore poetico capace di aprire varchi verso il mondo esterno, ma anche verso una dimensione intima o virtuale. Se di porta di accesso o di fuga si tratta, a consentire il suo attraversamento è la capacità di rapportarsi al significato incarnato dall’opera.

Nella concezione di Demetrio Paparoni, una mostra è il tentativo di dare ordine al caos dei linguaggi contemporanei, un tentativo reso vano dalla molteplicità dei fenomeni artistici. Governare il caos, spiega il critico commentando le scelte che accompagnano questa mostra, è uno degli obiettivi della scienza per comprendere in anticipo qualcosa che non è ancora accaduto. Essendo il caos frutto di casualità determinate da forze estranee al nostro controllo, esso risulterà comunque ingovernabile. Estendendo questa riflessione all’ambito dei linguaggi artistici, il modo in cui essi nascono, si sviluppano e interagiscono crea una condizione fluida che rende soggettivo ogni tentativo di mettere a fuoco la complessità dei diversi fenomeni. Sebbene ogni mostra nasca dal tentativo di orientarsi nel pluralismo dei linguaggi, di fornire una bussola che consenta di trovare una via d’uscita dal labirinto, anche nelle sue forme meglio studiate, essa risulterà comunque la messa in scena di un fallimento.

Infatti, secondo Paparoni, la prospettiva del curatore non può dare vita a una lettura univoca di un fenomeno fluido qual è quello dell’arte. Questa difficoltà si può riscontrare tanto nel mettere insieme opere di autori diversi tra loro all’interno della stessa mostra, come avviene nel caso di On the Wall presso BUILDING, quanto nell’affrontare il lavoro di un singolo artista nelle sue imprevedibili variazioni formali, linguistiche e concettuali. Per quanto allora il medium utilizzato dagli artisti in questa collettiva sia la pittura, On the Wall rende evidente una forte diversificazione dei linguaggi e degli intenti degli artisti in mostra. In On the Wall Paparoni ha circoscritto la propria scelta esclusivamente all’ambito della pittura figurativa, diversamente dalla mostra Contemporary Chaos, curata nel 2018 al Vestfossen Kunstmuseum (Norvegia), o ancora in altre esposizioni, in cui il critico aveva dato una rappresentazione plastica del caos dei linguaggi contemporanei, mettendo in dialogo artisti che utilizzano mezzi espressivi diversi. Il progetto presso BUILDING si propone inoltre come un proseguimento della riflessione iniziata con la mostra Le Nuove Frontiere della Pittura (2018), e continuata con L’Ultima Cena dopo Leonardo (2019), nell’ambito delle celebrazioni del centenario della morte di Leonardo, tenutesi entrambe alla Fondazione Stelline di Milano.

Nei dipinti di Justin Mortimer (Cosford, 1970) osserviamo ad esempio il riproporsi di un uomo malato sdraiato in un letto, accanto ad attrezzi medici o oggetti come un cellulare o un computer che rimandano alla contemporaneità. L’infanzia dell’artista è stata segnata, tra l’altro, da un intervento chirurgico a una gamba a causa di complicazioni durante il parto e al trauma dei diversi trattamenti e operazioni che lo hanno accompagnato nel corso della sua vita. Vibeke Slyngstad (Oslo, 1968) ci mostra invece frammenti di paesaggi visti attraverso un obiettivo fotografico che cattura bagliori di luce, bagliori che l’artista lascia entrare nel dipinto, dichiarando così che si è avvalsa del filtro di un mezzo elettronico. Eppure questo è il suo modo di rapportarsi al romanticismo. Rafael Megall (Rafael Melikyan, Yerevan, 1983) racconta il presente con evidenti richiami alla cultura armena, intrappolando immagini in una rete di decori che appartengono alla sua tradizione. Immagini che risentono però anche di suggestioni che hanno origine dal cinema o dal mondo dei cartoon. Da parte sua Nicola Samorì (Forlì, 1977) manipola la storia dell’arte riscrivendo le singole narrazioni elette, di volta in volta, a soggetto dei suoi dipinti. Narrazioni che non gli impediscono di costruire l’opera caricandola di implicazioni concettuali e facendone dunque il pretesto per interrogarsi sul linguaggio dell’arte. Paola Angelini (San Benedetto del Tronto, 1983) dà corpo a una realtà altra, nella quale i ricordi interagiscono con il suo immaginario e con le suggestioni della storia dell’arte del primo Novecento italiano. La definizione tridimensionale dello spazio tende a riportare l’immagine al reale quanto le dominanti di colore, sempre accentuate da contrasti, tendono a creare un’atmosfera che conduce l’immagine nella sfera dell’intangibile, tra sogno e ricordo. Muovendosi nel solco tracciato dall’espressionismo tedesco e contaminando la sua figurazione con le dinamiche formali dell’astrazione, Ruprecht von Kaufmann (Monaco, 1974), mette in scena il rapporto tra umano e non umano, con una particolare attenzione per le ferite inflitte alla natura. Pittore drammatico, von Kaufmann lavora sull’idea del legame sacro che connette l’essere umano con il mondo animale, vegetale e minerale.

Nei dipinti di questi artisti tutto si mischia e interagisce. Nella nostra mente avviene qualcosa di simile nel percepire la realtà del quotidiano, eppure nell’osservare il mondo dal vero difficilmente ce ne rendiamo conto. Per questo abbiamo avuto bisogno della pittura e sempre ne avremo bisogno.

Gli artisti

Paola Angelini (San Benedetto del Tronto, 1983). A caratterizzare la sua poetica sono il legame tra concretezza e visione, le influenze delle memorie personali e della storia della pittura, il ruolo della discontinuità e del dialogo con i maestri. Nel 2014 e nel 2016 ha partecipato ai programmi di residenza d’artista presso Nordic Artists’ Centre Dale (NKD) in Norvegia e Fondazione Bevilacqua La Masa a Venezia e nel 2017 ha ottenuto il Master in Belle Arti presso KASK & Conservatorium, School of Art a Gent. Nel 2011 ha esposto nel Padiglione Norvegese della 54esima Biennale di Venezia, nella mostra intitolata Baton Sinister. Tra le sedi espositive dove ha esposto le sue opere si ricordano: Marsélleria (Milano, 2016); Museo Palazzo Pretorio (Prato, 2017); Spazio K, Galleria Nazionale delle Marche (Urbino, 2017); Brandstrup Galleri (Oslo, 2018); BGE Gallery (Stavanger, 2019).

Rafael Megall (Rafael Melikyan, Yerevan, 1983). Al centro delle opere di Megall c'è la raffigurazione della natura, la quale viene però stilizzata e trasformata in pattern ornamentale. I suoi principali soggetti sono pantere, tigri e giaguari, ma anche porcellane frantumate, personaggi dei cartoon, figure iconiche, esseri mostruosi e ibridi, spesso raffigurati su uno sfondo fitomorfo. La natura viene rappresentata in modo appiattito e stilizzato con colori brillanti, saturi ed elettrici più vicini alle immagini digitali che a quelle reali. L'assenza di prospettiva, di profondità, la geometria fitta dei segni grafici, la loro ripetizione e i loro intrecci creano un horror vacui che ricorda la tradizione della antica miniatura armena e dei bassorilievi che ornano i luoghi di culto e i palazzi. Per realizzare i suoi dipinti Megall utilizza colori a olio e stencil, frutto di un'elaborazione digitale. Molti degli elementi utilizzati nelle sue opere hanno un valore simbolico e religioso. Nel 2017 ha rappresentato la Repubblica d'Armenia alla 57a Biennale di Venezia. Mostre personali gli sono state dedicate dalla National Gallery of Armenia, a Yerevan, e dal MoCA di Mosca. Ha partecipato alla mostra Le Nuove Frontiere della Pittura presso la Fondazione Stelline (Milano, 2018).

Justin Mortimer (Cosford, 1970). Le sue opere combinano immagini provenienti da Internet con materiale d'archivio di vecchi libri e riviste per visualizzare un mondo in cui nulla è stabile o certo, facendo eco nelle crepe tettoniche che appaiono nel vecchio ordine mondiale. Mortimer ha ricevuto prestigiosi premi tra cui l'EAST Award (2004), il NatWest Art Prize (1996) e il BP National Portrait Award (1991). Il suo lavoro è stato incluso in diverse rassegne e pubblicazioni sulla pittura contemporanea, tra cui Landscape Painting Now (2019), The Anomie Review of Contemporary British Painting (2018), A Brush With The Real: Figurative Painting Today (2014) e Vitamin P2: Nuove prospettive nella pittura (2011). Tra le recenti mostre personali ricordiamo Tomorrow, Space K, Gwacheon, Korea (2020), Djanogly Art Gallery, University di Nottingham (2015), Future Perfect, Singapore (2015) e Haunch of Venison, Londra (2012).

Nicola Samorì (Forlì, 1977). Partendo da copie minuziosamente realizzate di opere di grandi maestri, in particolar modo del Cinquecento e del Seicento, nelle quali domina lo scontro tra luce e ombra, Samorì le trasforma e reinterpreta con lo spirito turbato del nostro secolo. Fora, gratta, spella letteralmente la pittura attraverso un gesto repentino o meticoloso, dando vita a nuove opere che affondano le loro radici nella tradizione della storia dell’arte, per poi arrivare all’espressione del tormento con un linguaggio contemporaneo. Oltre che su tavola o tela, l’artista romagnolo dipinge anche su superfici come rame e pietre dure, integrando le loro peculiarità materiche nelle proprie opere. Anche l’affresco e la scultura sono tecniche da lui utilizzate. Samorì ha all’attivo due partecipazioni alla Biennale di Venezia (2015 e 2011). Negli ultimi anni sue mostre personali sono state ospitate a Palazzo Fava, Bologna (2021); al Mart di Trento e Rovereto (2020-21); alla Fondazione Made in Cloister e al MANN, Museo Archeologico Nazionale di Napoli (2020). A queste si aggiungono ulteriori mostre personali all’estero in spazi istituzionali come lo Yu-Hsiu Museum of Art di Taiwan, la Neue Galerie di Gladbeck, il Center for Contemporary Art di Szczecin e la Kunsthalle di Tübingen. Ha partecipato a Le Nuove Frontiere della Pittura (2018) e L’Ultima Cena dopo Leonardo, (2019), entrambe presso la Fondazione Stelline.

Vibeke Slyngstad (Oslo, 1968). Partecipa a mostre internazionali a partire dagli anni '90. La sua pratica pittorica, radicata nel Romanticismo, affronta nello stesso tempo un’analisi critica ai limiti della fotografia, di cui riprende nei suoi paesaggi anche i difetti dovuti alle macchie di luce. Nel 2009 ha partecipato alla 53° Esposizione Internazionale d'Arte della Biennale di Venezia esponendo nel Padiglione nordico nella mostra The Collectors, a cura di Elmgreen & Dragset. Tra le sue mostre si ricordano Contemporary Chaos, Vestfossen Kunstlaboratorium (2018), Le Nuove Frontiere della Pittura, Fondazione Stelline (2017), Inside Outside Architecture, National Museum of Art, Architecture and Design, Oslo (2013).

Ruprecht von Kaufmann (Monaco, 1974) I suoi dipinti, forti ed emotivi, sono intenzionalmente inquietanti. A tratti legati a situazioni oniriche, nelle sue raffigurazioni, nelle quali l’artista pone enfasi sulla narrazione, si avverte sovente l’eco di situazioni al limite, dove non è prevedibile cosa accadrà. Nel suo lavoro si riscontrano inoltre elementi che lasciano avvertire un umorismo oscuro e una densa malinconia. Von Kaufmann ha un’ampia attività espositiva, che lo ha portato a mostrare i suoi dipinti alla Kunsthalle Erfurt, alla sede delle Nazioni Unite a New York, al Museem Böttcherstrasse a Brema e al Georg Kolbe Museum di Berlino, al Kunstlaboratorium di Vestfossen, in Norvegia. In Italia ha partecipato tra l’altro alla mostra Le Nuove Frontiere della Pittura presso la Fondazione Stelline (Milano, 2018).

Il curatore

Demetrio Paparoni (1954), vive a Milano. Critico d'arte e curatore, ha fondato nel 1983 la rivista d'arte contemporanea Tema Celeste e l'omonima casa editrice, che ha diretto fino al 2000. Dal 1996 al 2008 ha insegnato Storia dell'Arte Moderna e Contemporanea presso la Facoltà di Architettura dell'Università degli Studi di Catania. Il suo recente libro Arte e Poststoria, Conversazione sulla fine dell’estetica e altro, insieme ad Arthur C. Danto (Neri Pozza, 2019), è di prossima uscita negli Stati Uniti, pubblicato dalla Columbia University Press. È responsabile della sezione arte del quotidiano Domani.

BUILDING Installation view On the Wall – 20.01.2022-19.03.2022.

Ph. Leonardo Morfini, courtesy BUILDING - fonte ufficio stampa
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INFORMAZIONI

On the Wall
a cura di Demetrio Paparoni
20 gennaio - 19 marzo 2022

BUILDING
via Monte di Pietà 23, Milano
mar – sab, 10 – 19
www.building-gallery.com

23/01/2022

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