L’attività investigativa non sortì tuttavia alcun esito. Qualcuno, però, si mosse: perchè quattro giorni dopo, a centinaia di chilometri di distanza, vicino il numero civico 19 di via Ostiense, a Roma, la Polizia stradale trovò casualmente una sacca di plastica contenente una parte del bottino arraffato in Calabria. Dentro c’erano i denti di San Francesco, il saio, il Rosario e lo zoccolo in legno. Nessuna traccia, invece, degli altri oggetti. Che non saranno mai più ritrovati.
Il nove agosto del 1984, la Procura di Paola emise sei ordini di cattura nei confronti di quattro uomini e due donne napoletane, ritenendoli responsabili dell’azione compiuta a Paola e di altri tre furti messi a segno a Taranto, Trieste e Crotone. Il processo celebrato nei loro confronti si concluse però con una sentenza di assoluzione. Da allora nessuno è stato in grado di recuperare gli oggetti trafugati. Trentotto anni dopo, i carabinieri del Nucleo di Tutela del Patrimoni Culturale di Cosenza, hanno ripreso ad indagare.
Ascoltando testimoni, acquisendo tutte le carte impolverate di quel vecchio processo, cercando tracce del “tesoro” scomparso anche sul mercato internazionale attivo in forma legale e illegale attraverso internet. Chiunque può perciò fornire indicazioni o dettagli senza correre rischi penali. Riportare nell’antico sepolcro dell’amatissimo Santo quegli oggetti significherebbe cancellare un’onta difficile altrimenti da dimenticare.
04/04/2021
Inserisci un commento