Oggi avrebbe compiuto settant’anni uno dei cantanti forse più stravaganti
della musica italiana degli anni ‘70: Rino Gaetano. Di origini calabresi,
trasferitosi a Roma sin da piccolo, nel 1968 diede vita a quello che fu il suo
primo gruppo i Krounks, dove si esibiva maggiormente suonando il basso
riproponendo delle cover. In un’Italia dove l’ambizione del posto fisso era
ancora più radicata di oggi, il padre del cantautore tentò di spronarlo a
seguire questo percorso ma Rino aveva un altro sogno: quello di cantare.
L’occasione di essere riconosciuto come un artista dal grande pubblico
arrivò con il suo approdo a San Remo dove cantò “Gianna”, arrivando
terzo. La canzone, in realtà, era poco apprezzata dallo stesso Rino ma la
sua casa produttrice lo costrinse a presentarla e, nonostante non fosse
d’accordo, alla fine accettò, anche se dichiarò: “San remo non significa niente
e non a caso ho partecipato con Gianna che non significa niente.” Fino a quel
momento aveva già scritto altre canzoni di discreto successo, come: I
love you Marianna, Berta filava, Mio fratello è figlio unico ma nessuna aveva
mai raggiunto la stessa risonanza. Le canzoni erano caratterizzate da
testi decisamente forti e ironici come la sua voce ruvida e spontanea, in
cui lasciava emergere troppo spesso una critica contro la politica italiana.
Rispetto ai suoi colleghi del tempo rifiutò sempre di schierarsi
politicamente tant’è che a causa della sua irriverenza, arrivando a fare il
nome di qualche intoccabile, alcuni suoi brani vennero censurati. Come
spesso accade, la sua arte fu riconosciuta diversi anni dopo la morte
avvenuta tragicamente a causa di un incidente a pochi chilometri dalla sua
abitazione nel 1981. Ottenendo sempre più consensi dalle nuove
generazioni, finalmente è entrato di diritto, nell’olimpo dei grandi della
canzone italiana.
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