Belle e volubili, disilluse e malinconiche. Frutto, artefici e vittime delle distruzioni e dei dissesti provocati dalle nuove logiche produttive, ovvero tutto ciò che del benessere economico – figlio del boom italiano - ha significato in termini di genocidio socio-culturale.
Francesca (Jacqueline Sassard), Pina (Sandra Milo) e Adriana (Stefania Sandrelli) non sono solo le protagoniste di tre fra le maggiori produzioni cinematografiche firmate da Antonio Pietrangeli per la cosiddetta commedia all’italiana (rispettivamente, “Nata di marzo” 1958, “La visita” 1964 e “Io la conoscevo bene” 1965), ma anche le rappresentanti più autorevoli della donna come immagine forgiatasi negli anni Cinquanta/Sessanta in Italia, di pari passo con l’ascesa del nuovo ceto medio: la borghesia occidentale.
L’attenzione del maestro nei confronti dell’universo femminile, in questo senso, nasce da un’esigenza ben precisa, ovvero quella di raccontare la società dei consumi attraverso gli occhi delle sue esponenti più “deboli”, sottolineando in ciascuna delle pellicole sopracitate le falle di un sistema capitalistico pervaso da profonde contraddizioni. E’ all’interno di un Bel Paese agghindato a forza, quasi carnevalesco, quello in cui si muovono le tre donne. Uno scenario sostenuto dalle stesse scelte stilistiche di Pietrangeli: il trucco accentuato, le acconciature vistose, fino ad arrivare alle scenografie zeppe di elettrodomestici e suppellettili (elementi tipici del modernariato).
E nelle rispettive circostanze, Francesca, Pina e Adriana ricercano la propria identità accettando le regole del gioco imposte dalla nuova società, finendo però col far semplicemente convergere i loro destini verso lo stesso, identico traguardo intriso di amarezza e rassegnazione. Sognano le luci del mondo dello spettacolo, affrontano scontri generazionali, accennano atteggiamenti proto-femministici, inseguono gli ideali di una felicità inevitabilmente contaminata dalla moda del tempo. Muovono, insomma, i loro passi nel tentativo comune di vincere la solitudine e il vuoto esistenziale delle loro vite, indossando vere e proprie maschere di cera fatte di falsità e apparenza. E destinate a sciogliersi di fronte alla trasformazione graduale delle loro speranze più profonde in desolanti illusioni. Non a caso, sarà Adriana l’unica tra le protagoniste a compiere la sola, vera scelta “sensata” (liberatoria, seppure tragica), rispetto alle sue compagne di sventura, ben più remissive e rassegnate.
Quella di Pietrangeli è una macchina da presa che si trasforma in un microscopio emozionale, capace di indagare sulle profondità oscure dell’animo umano dove solitamente albergano incertezze, dubbi, disagi esistenziali e timide speranze. Le sue donne sono creature tragiche ed esemplari, che dietro ai loro sorrisi quasi ostentati e le lacrime più silenziose nascondono la paura di un’esistenza priva di senso, a fronte di una realtà artificiale, preconfezionata, della quale fanno fatica ad accettare i compromessi. Se non rinunciando a loro stesse.
30/03/2023
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