Una notizia ci arriva dall'archeologo Zahi Hawass, ex segretario del Consiglio supremo delle Antichità d'Egitto, e Sahar Saleem, professore di radiologia all'Università del Cairo, i quali, finalmente, danno un'identità e una storia alla mummia che tanto ha fatto fantasticare esperti e appassionati.
La mummificazione è stata una pratica adottata da diverse culture al fine di mantenerne intatte le sembianze del defunto nel trapasso all'aldilà, come una sorta di protezione per l'anima, affinché potesse vivere per sempre. La civiltà che più di tutte ci ha regalato una testimonianza di questa pratica unica nel suo genere è quella Egizia.
Consisteva nel svuotare il corpo dagli organi interni, attraverso gli orifizi naturali e sottoporlo a numerosi lavaggi, alcuni dei quali avvenivano nelle acque del Nilo, tra un'operazione e l'altra.
Il processo cominciava pochissime ore dopo la morte e durava quasi 70 giorni. Gli organi prelevati venivano conservati e i cadaveri venivano trattati con prodotti a base alcolica, successivamente il corpo " svuotato" veniva riempito di segatura o oggetti, per poi essere totalmente avvolto con bende. Il rituale religioso prevedeva l'aggiunta di amuleti e beni preziosi che, in teoria, il cadavere avrebbe dovuto portare con sè durante il "viaggio" . Questa pratica era talmente meticolosa e ben studiata che lasciava intatte persino le impronte digitali e i lineamenti facciali dei cadaveri.
La Principessa Meret Amun, rinvenuta 1881, vicino a Luxor, per tantissimo tempo è stata chiamata la Mummia Urlante a causa della posizione innaturale del volto e del corpo, quasi ad aver lanciato l'ultimo grido di dolore prima della sua morte. Finalmente, oggi, la Mummia ha un nome e una spiegazione scientifica. La povera principessa, vissuta più di 3.000 anni fa, è morta di infarto fulminante molto giovane.
01/10/2021
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