Dal 14 Gennaio scorso è in rete il nuovo singolo di Marina Rei “Per essere felici” disponibile su tutte le piattaforme di streaming musicale. Il brano anticipa il nuovo album in uscita in primavera e arriva dopo circa sei anni di silenzio discografico, a differenza dell’attività live che non si è mai fermata, la stessa Marina ha spesso sottolineato l’importanza dei concerti, come parte necessaria e fondamentale del suo lavoro.
Ma torniamo al brano. “Per essere felici” è un pezzo che ci riporta inevitabilmente indietro nel tempo, ad atmosfere sonore simili ad album come “Colpisci” e “L’incantevole abitudine”, complice lo zampino dei fratelli Sinigallia (Daniele e Riccardo), con i quali la Rei aveva già collaborato in passato.
Il testo, di cui è autrice, è un testo malinconico e al contempo pieno di speranza. Spesso ricerchiamo la felicità altrove, senza accorgerci che magari le cose più importanti le abbiamo proprio davanti ai nostri occhi. Un testo dove la Rei si racconta e parla della sua esperienza di chi vuole esserci, nonostante tutto, ma a modo suo e con le sue forze, facendo musica da artista indipendente, libera e senza regole.
Ciò che mi turba è il fatto che non se ne parli abbastanza, a parte quella nicchia di fans che da subito ha supportato il brano con un post sui social o acquistandolo, mi sembra assurdo che chi si dovrebbe occupare, di scrivere o parlare di musica, a prescindere da un mero ritorno economico, dalle mode imposte dalle major, non menzioni quasi mai la Rei. Non capisco perchè chi decide di fare un certo tipo di percorso, in maniera del tutto autonoma e scevra da ogni tipo di condizionamento, che poi è ciò che dovrebbe essere la vera arte, viene automaticamente messo in un angolo. Un'ingiustizia che, tra l’altro, non cade sulla testa di una ragazzina appena uscita da un talent, ma su un’artista che per ciò che ha fatto, avrebbe solo da insegnare.
Marina è senza alcun dubbio una delle voci più originali del panorama musicale Italiano. Insieme a Carmen Consoli è una delle poche che, pur volendo cercare similitudini in giro per il mondo, non può essere confusa con altre cantanti, Marina Rei assomiglia a Marina Rei. Punto.
In un sistema discografico in cui i cantanti vengono creati per il solo scopo di fare cassa per poi essere gettati nel dimenticatoio, dove uno è la copia carbone dell’altro, Marina ha il merito di essere così fedele a se stessa, da aver anticipato di quasi un decennio l'oramai osannato filone indie, senza che nessuno lo chiamasse indie e senza che lei si definisse indie.
La Rei andrebbe ascoltata e riscoperta partendo proprio da quest’ultimo singolo, per poi andare a ritroso nel suo interessante percorso, composto da evoluzioni e sfumature, che per un fruitore distratto potrebbe risultare lacunoso e fatto di silenzi lunghissimi. Quanto di più errato. Durante la sua carriera la nostra ha pubblicato dieci dischi, circa trenta singoli e partecipato quattro volte al Festival di Sanremo, collaborando con cantanti, musicisti e artisti, tra cui: Pierpaolo Capovilla, Cristina Donà, Carmen Consoli, Paola Turci, Giorgia, Syria, Ennio Morricone e Paolo Benvegnù.
Ciò che manca all’Italia è l’attenzione verso quei “prodotti” che per necessità di espressione si allontanano dal mondo incipriato della TV e delle major, per sondare territori inesplorati. Ciò che manca anche e soprattutto agli addetti ai lavori è la libertà di poter parlare di un progetto musicale, aldilà delle imposizioni del mercato discografico, ma per porre l’attenzione su quegli artisti che con le loro forze si autoproducono (e lo fanno anche molto bene). Anche perché ad autoprodursi è un’artista, Marina Rei, che da anni di gavetta e di carriera ha sempre fatto questo lavoro con la libertà e l’umiltà di non voler emergere a tutti i costi, ma per pura passione da mestierante. Un’artista che, anche per una mera ragione anagrafica, resta ed è, insieme a poche altre, tra le più interessanti e iconiche cantautrici italiane, con un suo preciso lessico musicale, battendo di sicuro il terreno per le più recenti Levante e Marie Antoniette, tanto per citarne due.
16/03/2020
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