Il 15 Aprile di 52 anni fa moriva il grande Antonio De Curtis in arte (Totò) considerato il Re della comicità.
De Curtis nasce a Napoli il 15 Febbraio del 1898.
Dal carattere irrequieto e vivace, dimostra di possedere delle capacità innate per l’arte comica fin da bambino, iniziando così a regalare i primi sorrisi nel piccolo mondo di alcune compagnie teatrali della città.
Dopo una breve esperienza nel servizio di leva decide di non proseguire dedicandosi definitivamente alla sua grande passione, il teatro, una scelta che poi si rivelerà nel futuro essere la più azzeccata.
La particolarità dei tratti somatici, associati alla spontaneità allegra delle battute sono caratteriste che lo faciliteranno ad entrare nel grande mondo teatrale e cinematografico.
Ma chi era veramente Totò?
Quale era l’altro volto del comico?
Perché nella personalità di Antonio De Curtis non è solo la comicità che traspare, ma anche una speciale creatività che proviene da un animo principalmente sensibile.
E molto spesso la particolare genialità richiede anche una maggior sensibilità e se vogliamo anche una maggior sofferenza che nel caso specifico dell’attore lo portava più a donare sorrisi per gli altri ma meno per se stesso.
E che forse, quella maschera, era l’esatto contrario di ciò che appariva.
In una interessante intervista in cui gli si domanda se è contento egli risponde :
“ No, perché ognuno ha la sua croce, anch’io avrò qualche croce, le intime croci che tengo nascosto che la gente non sa, ma tutti le abbiamo, la felicità non esiste in nessun modo, nessuno è felicissimo.
La felicità è effimera, di pochi minuti, di pochi momenti”.
Qui cala la maschera del comico mostrando senza veli quell’animo sensibile e per certi versi anche inquieto, che si interroga sempre arrivando a scavare dentro se stesso.
Ed è in una delle sue tante riflessioni che nell’ultima parte dell’intervista si definisce soltanto un “venditore di chiacchiere”.
Ecco il comico saggio, l’umile pensatore, che riflette e che porta a riflettere, questo il segreto del suo grande dono artistico.
Un dono che ha reso uniche tutte le sue scene, basate sulle tante riflessioni personali, da cui prendeva spunto nella vita di tutti i giorni, come “ La livella”, che è un vero e proprio insegnamento di vita o “Miseria e nobiltà “, tutti capolavori in cui l’artista riesce trasformare il peso delle ingiustizie in comicità, donando leggerezza all’animo dello spettatore.
E chissà come avrebbe interpretato l’epoca attuale, ma di sicuro è che ci avrebbe portato a riflettere sempre con un sorriso.
A mio parere quindi Totò non va ricordato ne come il grande comico ne come una persona triste, ma bensì come un genio creativo, unico nella sua ambivalenza.
Da un lato il comico, il personaggio che si è creato grazie alla maschera con cui si serviva per trasmettere, e che senza la quale non sarebbe riuscito ad offrire alla gente quello che voleva.
Dall’altra, il pensatore inquieto, che considerava l’uno lo specchio dell’altro consapevole del fatto che entrambi gli erano indispensabili per entrare far parte del gioco della vita divenendo così un genio in tutta la sua completezza.
Ecco, così mi piace ricordare Totò.
15/04/2019
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