Come nasce il desiderio di scrivere un libro?
Il desiderio di scrivere un libro nasce da un intrecciarsi di desideri che vengono a costituire la trama della vita dello scrittore.
Umberto Eco ebbe a dire che chi non legge avrà avuto una sola vita, chi legge quelle di 5000 anni. Ecco, per la scrittura un po’ la stessa cosa: si vivono tante vite e si offre la propria.
Alcuni desideri sono più frequenti, come il fissare momenti importanti, coinvolgere nelle proprie emozioni, sublimare la realtà e tanti altri.
La sete di guadagno occupa alte posizioni, ma non per tutti; un vero scrittore è come uno scrigno che si riempie, si riempie e a un certo punto trabocca e deve effondere la sua ricchezza, vincendo quella ritrosia che si prova a rendere pubbliche le faccende dell’anima, con la consapevolezza che è l’unico modo per dare loro un futuro.
Può il pallone essere considerato un oggetto culto degli anni 70-80?
Ogni oggetto ha una sua storia, nasce, si trasforma o viene sostituito. I primi palloni da calcio, presso alcuni popoli, venivano imbottiti con piume e capelli femminili; in Europa si usavano, come involucro, pelli di mucca, vesciche di maiali; nel tempo i palloni hanno cambiato peso, colore, resistenza, ma da sempre hanno affascinato i bambini e hanno accompagnato i loro giochi, favorendo lo sviluppo del fisico e della mente.
Negli anni 70-80, però, diventano un fenomeno di massa. Questi oggetti che facevano piangere i bambini se si bucavano, che li facevano soffrire se si sporcavano, riescono ad affascinare le folle. Spuntano nomi importanti, anche legati a marchi, che spopolano in pubblicità (Mitre, Elite, San Siro…). L’Adidas si incarica del modello ufficiale dei Mondiali. I palloni diventano oggetti di culto, degni di raccolte importanti, di mostre.
Quanto è cambiato il calcio dagli anni 80 ad oggi?
Tutta muta ed è un bene che sia così, perché l’adattamento è il segreto indispensabile per non annullarsi. Bisogna cercare sempre il meglio, per andare avanti.
Su un oggetto semplice quale il pallone nel tempo tanti studi sono stati fatti, anche da grandi uomini del passato che, pure senza pensare proprio al gioco del calcio, cercavano la maniera giusta per realizzare dei solidi, con tante facce, vicini alla sfera. Anche Leonardo, che come al solito batte tutti. Inventò una specie di pallone quasi perfetto e, per giunta, capì che avrebbe avuto un grande impatto nel futuro, per adoperare parole attuali.
Poteva la tecnologia non influenzare il gioco del calcio? Certamente no, ma, come tutto, ha lati positivi e negativi La tecnologia tiene legati a lungo, troppo, alla sedia le persone, offre giochi on line che attraggono e tanto altro, ma non può sostituire il contatto umano e in questi ultimi, tristi tempi di lock dawn ce ne siamo resi conto.
I cronisti, poi, hanno armi in più per delle belle cronache, con maggiori dettagli, maggiori chiarimenti. Il gioco migliora, comunque, individuando meglio i punti deboli, valorizzando quelli di forza.
Si è smarrito il romanticismo nello sport?
Ogni medaglia ha il suo rovescio. Di certo qualcosa del buon vecchio romanticismo è stata sacrificata alla freddezza dei calcoli, alla razionalità, poste al servizio del superamento dei limiti. Oggi i VAR affiancano l’arbitro nelle sue decisioni, in quanto l’uomo è imperfetto e un’adeguata strumentazione costituisce un valido aiuto. Un conto è un gioco tra amici, per divertirsi insieme, un conto è una partita, una prova in competizioni che hanno alle spalle ambizioni, aspirazioni, investimenti, posti di lavoro, tutto quello che la società attuale pone su un piatto d’argento, che ne permea ogni settore; ma il cuore accelererà sempre i battiti per l’emozione di un’attesa, di un risultato.
Quanta malinconia è racchiusa in quegli anni lontani?
Di malinconia ce n’è tanta, racchiusa in quegli anni lontani. Ci si volge al passato a ragione, lì dove affondano le nostre radici e lo vediamo forse anche più bello di quanto non sia stato. Oggi scoppiano tafferugli, si va in escandescenze, serpeggia il malcontento, però l’uomo deve andare avanti, come avverte un vecchio detto: Chi si ferma è perduto. In ogni cosa bisogna trovare il giusto mezzo, quella concatenazione di passato e presente che spalanca le porte al futuro.
Lo sport, che pure non è immune da questo deterioramento, da questi eccessi, costituisce una valvola di sfogo e un invito alla collaborazione, al gioco di squadra.
Ci sarà sempre quella parte di gioie, dolori, delusioni, esaltazioni e quant’altro fa di un uomo un uomo, di una donna una donna.
Quel senso di impotenza che racchiude la parola malinconia nel suo etimo, quell’umor nero che nasce dal senso di inadeguatezza, di impotenza, ecco, possiamo tramutarlo in azione, in movimento. In una palla possiamo vedere la realtà e giocarci la vita facendo la nostra parte.
16/09/2020
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