E' stata ricomposta e riallestita dopo molti decenni Lapide a Hravat, l’installazione di Mirella Bentivoglio.
Un libro in marmo e varie cravatte in plexiglas e pietra, chiude il ciclo "Omaggi alle artiste" che ha impreziosito la mostra "Donne", dedicata alle protagoniste dell'arte "al femminile" del Novecento.
Poetessa prima, artista poi, Mirella Bentivoglio inizia a realizzare opere nella seconda metà degli anni Sessanta, con la voce di chi vuole evidenziare e trasmettere l’insufficienza del linguaggio verbale.
Tra i principali simboli utilizzati dalla Bentivoglio vi sono l’uovo, l’albero e il libro. Negli anni Settanta compaiono i primi volumi in pietra, simboli potenti e archetipici della dimensione intellettuale e della cultura, con molteplici riferimenti alla pietra tombale, ai laterizi usati nelle costruzioni, alle tavole della Legge della tradizione ebraico-cristiana.
Lapide a Hravat gioca sull’ambiguità di significato e lo slittamento di senso: allude all’etimologia della parola croata hravat, che significa “strozzare”, e all’uso che i soldati croati facevano di un fazzoletto portato al collo come strumento di morte. La cravatta rimanda inoltre in modo sinistro al linguaggio mafioso e gergale, in cui “mettere la cravatta” e “fare la cravatta” si riferiscono alla pratica dell’usura. Parallelamente, però, la cravatta è anche simbolo di rispettabilità ed eleganza nell’abbigliamento contemporaneo dell’uomo occidentale.
Particolarmente accattivante risulta la scelta dei materiali: Bentivoglio ha selezionato marmi di diversa trama e colore, provenienti dall’Europa e da altri continenti, ora lisci ora grumosi, ora omogenei ora striati. Il sapiente utilizzo delle pietre naturali e del plexiglas, unito all’ingegnosa rifrazione dei significati, rende Lapide a Hravat un dispositivo semantico complesso, una sofisticata metafora dove morte e sopraffazione si combinano in modo suggestivo e straniante con il ruolo vitale e costruttivo della cultura.
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